Un’artista anticonformista che sfidò le regole imposte dalla società della sua epoca.
I suoi ritratti femminili, ispirati ai personaggi della storia e della letteratura, rappresentano donne forti e intraprendenti, pronte a sovvertire i ruoli a loro imposti.
Pur rispettando la tradizione accademica, con i suoi dipinti, Juana Romani mise in atto una vera e propria rivoluzione, al pari dei nuovi movimenti artistici che, proprio in quel periodo, trovarono a Parigi un terreno fertile in cui fiorire.
Le origini di Juana Romani
Carolina Carlesimo è il vero nome di questa pittrice, nata a Velletri nel 1867. Dopo che il padre Giacinto decide di darsi al brigantaggio, la madre Manuela, sarta analfabeta, trova lavoro presso i Romani, una delle famiglie più ricche della città.
Qui conosce Temistocle Romani, con il quale intreccia una relazione e decide di fuggire in Francia. Carolina parte insieme a loro.
Una nuova vita a Parigi
Nella capitale francese, Carolina inizia a posare per gli studenti dell’Académie Colarossi, uno dei nuovi istituti sorti in città, che si contrappongono alla tradizionalista École des Beaux-Arts. I modelli di origine italiana, ciociara e velletrana, sono molto popolari tra gli artisti che gravitano attorno a Parigi.
Presto, però, Carolina Carlesimo capisce di possedere un vero e proprio talento per il disegno, che pratica nelle pause dalla posa, utilizzando i carboncini consumati e i fogli di brutta degli allievi della scuola.
Juana Romani: la modella dei grandi pittori
Carolina Carlesimo diventa una modella sempre più richiesta, tanto che decide di abbandonare l’Académie Colarossi e di accettare ingaggi solo da pittori e scultori affermati, preferendo coloro che possono aiutarla a diventare, a sua volta, una pittrice professionista. Cambia il suo nome in Juana Romani e posa per artisti del calibro di Alexandre Falguière, Antonin Mercié, Carolus-Duran, Victor Prouvé, Jean-André Rixens, Adolphe Alexandre Lesrel, Benjamin-Constant, Gustave Boulanger e Victor Peter.
Jean-Jacques Henner, che la ritrae più volte e utilizza la sua fisionomia per alcuni dei suoi dipinti più famosi, come Solitude, Liseuse e Hérodiade, diventa il suo maestro. Con molta probabilità, Juana Romani frequenta l’Atelier des Dames, la scuola di pittura per donne, che il pittore ha aperto insieme a Carolus-Duran.
Il rapporto con Roybet
Juana Romani intreccia una relazione con l’artista che considera il suo secondo maestro, dopo Henner. Si tratta di Ferdinand Roybet, pittore di scene in costume, riservato e di grande integrità morale, che sta vivendo un periodo difficile a causa di una diatriba con il suo mercante d’arte. Juana Romani ne diventa l’allieva ma anche la musa. La coppia si ispira a vicenda, tanto che alcuni dei loro lavori sono di difficile attribuzione.
Insieme frequentano una cerchia di artisti, letterati e critici d’arte, con i quali intrattengono proficui scambi culturali.
Una carriera sfolgorante
Ammessa per la prima volta al Salon del 1888, all’età di ventuno anni, Juana Romani si impone nella scena artistica parigina con i suoi ritratti.
Le eroine rappresentate dalla pittrice incarnano modelli di grande forza e determinazione.
Sono figure femminili ispirate al mondo della letteratura, della storia, dell’allegoria e dell’opera, che la pittrice dipinge direttamente con il pennello, seguendo l’esempio dei grandi artisti della tradizione veneta, come Giorgione e Tintoretto.
Seducenti, intriganti, profonde, le donne di Juana Romani spesso hanno tratti fisionomici in comune con l’artista che le ha create. Lontane dal focolare domestico, padrone di loro stesse, consapevoli della propria bellezza, incarnano la nuova figura femminile che sta emergendo proprio in quegli anni: quella della femme fatale.
L’uso di manti di stoffe opulente, decorate con elaborati broccati, diventa la firma che contraddistingue la pittrice.
Le opere di Juana Romani rappresentano Salomé, Giuditta, Erodiade, Bianca Capello, Maddalena, con una pittura teatrale che si lega alla tradizione pittorica del Seicento, fortemente influenzata da Velázquez, di cui Juana Romani è grande esperta ed estimatrice.
Un’intensa vita sociale
Juana Romani e Ferdinand Roybet aprono il loro atelier in rue du Mont Thabor 24, a pochi passi dagli Champs-Élysées. Fanno parte della società artistica parigina e partecipano alle polemiche che animano la vita culturale della città, come la discussione sul valore dell’Impressionismo e dell’arte moderna.
Frequentano Armand Silvestre, Jacopo Caponi, Angelo Mariani, Antoine Lumière e Consuelo Fould. Intraprendono viaggi in Spagna e in Italia, dove studiano i grandi maestri del passato, come Rembrandt, Velázquez, Correggio, Tiziano e Leonardo da Vinci.
Pur praticando la pittura in maniera professionale, Juana Romani decide di non aderire alle associazioni di pittrici e scultrici che vengono fondate in quel periodo, volte a raggiungere la parità in campo artistico.
Dal 1888 al 1904 espone al Salon della Société des Artistes Français, all’Esposizione Universale e a La Biennale di Venezia, oltre che in svariate mostre nel territorio francese.
L’amata Italia
Nonostante abbia lasciato la Penisola quando era soltanto una bambina, Juana Romani mantiene un forte legame con la sua terra d’origine.
Mossa dal desiderio di essere ritenuta celebre anche nella sua città natale, intrattiene una fitta corrispondenza con il sindaco di Velletri, a cui invia opere per la realizzazione di un museo e denaro per gli studenti d’arte in difficoltà economica.
Il declino
Con lo scoppio dell’affare Humbert, dove Roybet vengono coinvolti in uno scandalo derivante dalla vendita di opere false, inizia per Juana Romani un periodo particolarmente difficile.
Lo stato di afflizione di cui soffre per non essere abbastanza apprezzata in Italia si tramuta rapidamente in un disturbo mentale.
La madre Manuela e Roybet assistono la pittrice, accompagnandola in un pellegrinaggio senza fine verso cliniche all’avanguardia e stabilimenti idroterapici, ma il suo stato peggiora sempre di più, tanto che viene definita affetta da una psicosi allucinatoria cronica, delirio con manie di persecuzione e predominanza di idee ambiziose.
La carriera di Juana Romani si conclude in maniera tragica e prematura con l’internamento, nel 1906, a soli trentanove anni, nella casa di cura Esquirol di Ivry-sur-Seine, mentre i nuovi movimenti artistici, che a partire dalla seconda metà dell’Ottocento si sono contrapposti alla tradizione, generano le Avanguardie, che decretano la fine definitiva dell’accademismo.
La madre Manuela e Ferdinand Roybet assisteranno la pittrice fino alla fine dei loro giorni.
Juana Romani morirà nella più completa solitudine e e dimenticanza il 13 giugno 1923, pochi giorni dopo l’annuncio della vendita delle opere della sua collezione per il pagamento delle cure sanitarie da parte dell’amministrazione giudiziario che gestisce il suo denaro.
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