Lee Miller è una donna che ha vissuto molte vite, come cita il titolo dell’interessante biografia scritta dal figlio Antony Penrose. Modella, musa, artista, fotografa di moda, reporter di guerra: sono questi, e molti altri ancora, i ruoli che l’indimenticabile fotografa ha ricoperto nel corso della sua esistenza.
L’infanzia e l’adolescenza di Lee Miller
Nata nel 1907 a Poughkeepsi, una cittadina nel cuore della valle dell’Hudson, Lee Miller impara a scattare dal padre Theodore, un ingegnere appassionato di fotografie stereoscopiche. Il loro sarà un rapporto speciale basato su di una grande complicità e una rara intesa. È per lui che inizia a posare fin da giovanissima.
Ma l’infanzia di Lee Miller non è tutta rose e fiori; in tenera età è vittima di una violenza sessuale da parte di un amico di famiglia, fatto che, inevitabilmente, segnerà la sua vita per sempre.
L’incontro con Condé Nast e il successo nel mondo della moda
Nel 1927, Lee Miller incontra per puro caso Condé Montrose Nast. L’editore trattiene la ragazza che sta per essere investita da un’automobile. Lee Miller è una ventenne dalla bellezza androgina e conturbante, fragile e caparbia allo stesso tempo, che ha appena fatto ritorno negli Stati Uniti dopo un’entusiasmante soggiorno parigino. Il debutto nel mondo scintillante dell’alta moda arriva in un lampo. Posando per Edward Steichen e Alfred Stieglitz, pionieri della fotografia artistica, Miller diventa il volto delle campagne di successo di Vogue e Vanity Fair, nonché l’anima dei party che Condé Nast organizza nel suo leggendario appartamento di trenta stanze a Park Avenue.
Ma la modella presto non si accontenta più di essere un passivo soggetto fotografico e inizia a carpire dai grandi professionisti da cui viene ritratta i segreti del mestiere.
L’incontro con Man Ray
La carriera di modella di Miller si arresta in modo brusco, quando, a sua insaputa, uno degli scatti che la ritrae viene utilizzato per la pubblicità di una marca di assorbenti igienici. In un epoca ancora troppo perbenista, il suo volto viene associato ad un prodotto di cui si fa ancora molta difficoltà a parlare.
Il fatto spinge Lee Miller a discostarsi dalla professione di modella e e a passare dall’altra parte dell’obiettivo. Con la pertinacia che la contraddistingue, decide di farlo sotto la guida di Man Ray. Torna a Parigi e irrompe letteralmente nella vita dell’artista e fotografo surrealista, diventandone l’amante.
Il loro è un sodalizio artistico e amoroso tumultuoso e appassionato. Insieme esplorano ogni aspetto della fotografia surrealista. Lee diventa la musa incontrastata di Man Ray, che ritrae ogni singola parte del suo corpo, ingrandendola, deformandola, esponendola, mettendo in atto la decontestualizzazione tanto cara alla visione surrealista, senza mai scivolare nell’oscenità.
Miller apprende da Man Ray le audaci tecniche che il fotografo ben padroneggia, e si lancia in una sperimentazione audace, ritraendo corpi accostati a manichini, automi e gabbie metalliche.
La fotografa a Parigi viene in contatto con i grandi artisti che gravitano attorno alla città più effervescente in campo artistico. Riceve incarichi pubblicitari tra gli altri da Vogue, Elsa Schiaparelli e Coco Chanel.
Ma l’indipendente fotografa presto diventa insofferente al legame che la unisce al suo mentore, che decide di lasciare.
Lee Miller Studios
Nel 1932 Lee Miller approda in una New York che si trova nel pieno della Grande depressione. Qui, insieme al fratello Erik, apre uno studio, in cui si dedica a lavori commerciali che le permettono di tenere in piedi la sua impresa. Le fotografie di quel periodo sono capolavori di perfezione, ma lo spazio per la sperimentazione si restringe. L’ambiente del teatro è quello che le dà più soddisfazione.
Miller finisce per lasciare suo fratello Erik a di sbrigare le pratiche dello studio, mentre lei passa le notti a bere e a giocare a carte con una comitiva di autori registi teatrali.
La vita in Egitto
Presto anche New York diventa stretta per l’irrequieta fotografa, che sposa Aziz Eloui Bey e si trasferisce insieme a lui in Egitto. Tenta, invano, di affidare lo studio americano a Man Ray, con il quale ha mantenuto un rapporto di amicizia che li legherà per il resto delle loro vite.
Miller diventa la stravagante moglie americana di un alto funzionario del Ministero delle ferrovie, del telegrafo e dei telefoni. Ma anche questo ruolo non le si addice. Il bel palazzo in cui è andata a vivere insieme al marito diventa ben presto una prigione da cui cercherà di evadere organizzando viaggi e spedizioni nel deserto in cui ritrova il contatto con il suo spirito nomade e realizza scatti di ispirazione surrealista.
Il ritorno a Parigi
Nel 1937 Lee Miller ritorna a Parigi per una vacanza senza il marito. Qui ritrova Man Ray e si innamora a prima vista dell’artista Roland Penrose, che incontra durante una festa in costume.
Insieme raggiungono la Cornovaglia per quelle che verranno ricordate nella storia dell’arte come le “vacanze surrealiste”. Gli scatti di quel periodo, che ritraggono Man Ray, Max Ernst, Leonora Carrington, Paul Éluard, André Breton, Jacqueline Lamba e Pablo Picasso, diventano iconici.
L’orrore della guerra
Il 1940 vede Lee Miller trasferita in Inghilterra. I genitori le chiedono insistentemente di tornare negli Stati Uniti, ma lei decide di vivere la guerra a Londra, nel quartiere di Hampstead, accanto a Roland Penrose.
Il cibo scarseggia e i giorni diventano sempre più difficili, ma, nonostante ciò, la fotografa trova la situazione eccitante e stimolante per il suo lavoro.
Mentre Penrose è impegnato nelle operazioni di camouflage, Miller lavora per British Vouge, raccontando con i suoi scatti la moda in tempo di guerra e esortando le lettrici a continuare a essere eleganti, malgrado le pesanti restrizioni.
Con la sua Rolleiflex, Miller documenta un mondo che si sta sgretolando davanti ai suoi occhi.
Presto viene accreditata dall’esercito degli Stati Uniti come fotografa di guerra e assiste in prima linea alle operazioni più significative del momento, come l’assedio di Saint-Malo, la liberazione di Parigi, la battaglia dell’Alsazia, l’incontro tra l’esercito statunitense e l’Armata Rossa a Torgau e la conquista del Berghof.
Miller testimonia l’effetto delle bombe al napalm, ma le sue foto vengono sequestrate, e viene denunciata per essere entrata in zona di combattimento, violando i termini del suo ingaggio.
È a fianco degli Alleati durante la liberazione di Buchenwald e di Dachau. Le sue testimonianze fotografiche sono intense e dolorose.
L’abbandono della fotografia
Dopo l’esperienza della guerra, Lee Miller non sarà più la stessa. Soffrirà di disturbo post traumatico da stress e cercherà di sfuggire dai suoi demoni dedicandosi in maniera compulsiva alla cucina e rifugiandosi nell’alcol.
Abbandonerà progressivamente il mondo della fotografia, relegando i suoi scatti nella soffitta della Farley Farm House, la casa in cui si stabilisce insieme a Roland Penrose, dove morirà di cancro nel 1977, all’età di settant’anni.
Sarà il figlio Antony a scoprire, per caso, nella soffitta di casa, i rullini e le fotografie della madre, e a ridare il meritato riconoscimento pubblico al lavoro di questa grande fotografa.
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