Una giovane pittrice finlandese arriva a Parigi nel 1881. Non ha ancora vent’anni e, a Helsinki, ha frequentato l’Accademia di disegno. Ha appena vinto la borsa di studio del Senato Imperiale.
In Francia si iscrive alla “Scuola di pittura per signore” di Madame Trélat de Vigny e all’Académie Colarossi, dove insegnano Raphaël Collin e Gustave Courtois. Lavora nel campo dell’illustrazione e vende i suoi dipinti per mantenersi.
Si tratta di Helene Schjerfbeck, che, insieme all’amica Helena Westermarck, ricerca l’anelato successo nel mondo della pittura nella capitale europea dell’arte.
La pittrice ha trascorso un’infanzia e una giovinezza difficile, a causa dei problemi economici insorti a seguito della morte del padre, del complicato rapporto con la madre e di un incidente che l’ha resa claudicante.
Ma a Parigi inizia per lei una nuova vita. Conosce alcune pittrici di cui diviene amica, come Marianne Stokes e Maria Wiik, con le quali viaggia e intrattiene interessanti scambi artistici.
Si reca in Cornovaglia, a Firenze, a Praga e a San Pietroburgo. In Bretagna conosce un pittore inglese con il quale si fidanza per breve tempo.
A Parigi subisce l’influenze di Pierre Puvis de Chavannes, Édouard Manet e Paul Cézanne, e incomincia a lavorare sul tema su cui baserà la sua carriera artistica: quello del ritratto.
Di quel periodo il dipinto “Due donne di profilo”, il ritratto che la pittrice fa della collega Marianne Preindelsberger e di se stessa.
Arrivano i primi riconoscimenti: nel 1883 viene ammessa al Salon con “La festa ebraica” e, nel 1889, all’Esposizione Universale vince una medaglia di bronzo per il dipinto “La convalescente”.
Il ritorno in Finlandia
Il sogno francese si interrompe nel 1890, quando per Helene Schjerfbeck ricominciano i problemi di salute. La pittrice è costretta a tornare in Finlandia, dove, dopo una breve parentesi di insegnamento presso la Scuola di Disegno della Società d’Arte Finlandese, si stabilisce a Hyvinkää. Qui vive con la vecchia madre, in completo isolamento dalla vita artistica finlandese.
L’unico contatto con il mondo dell’arte che Helene Schjerfbeck ha in questo periodo è quello con gli amici che dall’estero le inviano riviste e libri, grazie ai quali conosce l’opera a di Vincent Van Gogh e di Pablo Picasso.
I ritratti e gli autoritratti di Helene Schjerfbeck
I soggetti della pittura di Helene Schjerfbeck sono le persone a lei vicine, come la madre la nonna e altre figure familiari. Ma soprattutto, durante l’isolamento, la pittrice dipinge se stessa, creando una sua personale visione del modernismo e testimoniando i cambiamenti che intercorrono nella sua vita.
Schjerfbeck utilizza stili sempre diversi, passando dal Realismo, al Romanticismo, all’Impressionismo, al Simbolismo, all’Espressionismo, fino ad arrivare all’astrattismo.
Con il passare del tempo la pittrice conduce un vero e proprio lavoro di semplificazione delle forme. Le sue figure vengono l’influenzate dall’arte giapponese e dal mondo dell’illustrazione.
I volti si trasformano progressivamente in maschere: perdono la freschezza e la vitalità che dapprima erano ben descritte dalla sua attenta pittura realista. Gli incarnati diventano gessosi. È il periodo dei ritratti di ragazze con caschetti alla moda, labbra imbellettate e grandi occhi felini.
Schjerfbeck ricerca i suoi modelli nei dipinti precedenti, e li interpreta secondo un linguaggio pittorico nuovo.
I ritratti che fa di sé durante la vecchiaia parlano di angoscia, di decadimento fisico, ma, soprattutto, sperimentano il dissolvimento della forma. Gli occhi sono cavi, diversi l’uno dall’altro, come a testimoniare una capacità di discernimento nella visione delle cose.
Anche della madre esegue dei ritratti straordinari, come quello del 1909, intriso di chiari rimandi al famoso dipinto di Whistler, in cui il colore si fonde armonioso grazie a sapienti pennellate piatte.
La riscoperta
Il 1917 è l’anno di svolta per la carriera di Helene Schjerfbeck: il mercante e mecenate finlandese Gösta Stenman, organizza una sua mostra personale e varie esposizioni minori in Svezia. La pittrice diventa famosa e, per la prima volta, raggiunge una sicurezza economica grazie al suo lavoro.
Trascorre i suoi ultimi anni in Svezia, dove si trasferisce nel 1944 e dove morirà due anni più tardi all’età di ottantatré anni.
Clara Zennaro